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Birra 2.0. Teo Musso e l’open source Baladin

venerdì, 01 Ottobre 2010 di

Teo Musso nasce nel 1964 a Carrù, nelle Langhe, ultimo figlio di cinque. Forte il legame con la famiglia come ricorda l’immagine all’Open Baladin di Roma nella sala superiore e su una maglietta che indossa con una foto del papà e della mamma da giovani. Il papà, oggi 86enne ed ancora molto attivo, è un produttore di vino che ha due ettari di vigna coltivata a dolcetto. La mamma ha 83 anni e vitalità da far invidia ad una ragazza. In questa famiglia Teo acquisisce una notevole manualità, grazie anche alle numerose e variegate esperienze. Lavora per un po’ come fabbro nell’officina del fratello, e fino a 18 anni trascorre un mese estivo all’anno all’Hotel de Paris di Montecarlo, dove l’aiuto pasticciere era un suo parente. Lì conosce Michelle, ballerina dell’Opera di Montecarlo, e nel 1986 apriranno a Piozzo “Le Baladin”, all’epoca primo club di musica dal vivo della provincia di Cuneo. Locale nel quale cercherà, riuscendoci alla perfezione, di coniugare le sue passioni, birra e musica.

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Il papà, che vuole responsabilizzare i figlioli, all’epoca gli dà 5 milioni di lire, come già aveva fatto con i suoi fratelli, per l’inizio dell’attività. La passione per la birra viene da qualche esperienza casalinga, dalle bevute di George Killian’s, che anch’io ricordo, da un po’ di ribellione adolescenziale verso il papà, produttore di vino. Nel “Le Baladin” molto presto mette insieme ben 230 etichette di birra ed una licenza di importatore occasionale con la quale, facendo groupage, va all’estero ad acquistare e portare nel suo locale quanto conosceva in giro per l’Europa.

birra-Teo-Musso-fusti-open-RomaPrende corpo una teoria, che mi spiegherà nel 2003 e che mi colpì molto: la differenza fra birra in bottiglia e birra in fusto. La prima è per un’occasione particolare, magari da bere a casa durante una cena, o comunque in un posto intimo, a volte riservato. La seconda invece è conviviale, si consuma con amici in un pub o in un locale. Quindi la birra in bottiglia deve essere più caratterizzata, la seconda più bevibile.

Nel 1992, dopo che il suo pub era cresciuto, comincia ad interessarsi di produzione ed inizia a studiarla. Nel 1994, ormai separato da Michelle, inizia a produrre con un impianto molto approssimativo, che nasce da vasche da latte, e riscaldato a fuoco diretto.

Due le persone fondamentali nella sua formazione: Jean Louis Dits, della Brasserie à Vapeur, frequentato molto tra il 1993 e il 1996, e Christian Van Verbeerk, conosciuto a Louvain nel 1994, quando usciva dall’università birraria, considerato vero e proprio genio dell’ingegneria brassicola. Con lui partecipa a diversi lavori tra i quali la modifica della ricetta della Chimay bianca, all’abbazia di Scourmont. Christian è stato consulente di Grimbergen, ed oggi è responsabile di Chouffe. E’ stato un anno in Italia con Teo, in concomitanza della costruzione del primo impianto del Baladin.

birra-Teo-Musso-impianto-2009L’impianto costruito soprattutto con l’aiuto di Jean Louis, da 5 hl per cotta, aveva le coperture in legno ed alla terza cotta prese fuoco consigliando la sostituzione del legno con il rame. Nel 2000, nel pollaio ristrutturato, costruisce la cantina di fermentazione, distante 400 metri dalla sala cottura scollegata con un “birrodotto” sotterraneo.

Nel 2002 acquista un impianto da 10 hl, oggi di proprietà di 32 via dei Birrai, nel 2006 un altro impianto da 25 hl/cotta, oggi di proprietà di Birra del Borgo, e nel 2009 infine acquista un nuovo impianto, con un investimento di ben 2.000.000 di euro, che ha realizzato ponendo una cura maniacale in lucidature e soprattutto saldature, sedi di insidiose infezioni se realizzate male. La produzione 2010 si assesterà sulle 650.000 bottiglie da 75 cl, prodotte per il mercato nazionale, a cui si aggiungono i fusti e la produzione per l’export. Una una quota produttiva complessiva di circa 6000 hl.

In Teo convivono sia l’anima di Jean Louis, anarchica, senza programmazione e fuori dagli schemi (spesso affermava che la birra è frutto dell’estro del birraio, che una birra cattiva non era un problema e si sarebbe aggiustata con il tempo), sia l’anima di Christian, tecnica, razionale e pianificatrice. Teo ritiene che senza la scuola di Jean Louis non avrebbe avuto il coraggio di creare prodotti molto originali, come ritiene siano la Nora, la Xyaoyou e la Elixir, o come la Wayan, nella quale per dare l’amaro sperimenta tra le 8 spezie, la radice di genziana e la cicoria.

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Lo stile birrario di Teo è legato molto alle spezie ed ad un profilo di birra che si deve sposare con la cucina. Utilizza di conseguenza sempre basse quantità di luppolo, il cui aroma molto pronunciato, secondo Teo, può essere coprente delle sfumature del cibo. Produrre con basse quantità di luppolo significa spesso realizzare equilibri difficili, non solo per il gusto, ma anche per la conservazione, facilitata dall’effetto parzialmente antisettico del luppolo. Girolamo D’Amico, enologo e professore di scuola, organizzatore, con me del corso per imprenditori di birra artigianale di San Severo, racconta che quando Teo fa la cotta, durante le lezioni, stupisce sempre gli studenti per la quantità e qualità di spezie. Questa passione per le spezie viene da un’attenta pianificazione del suo mestiere di birraio. Sin dall’inizio si è procurato ben 300 fra spezie, resine ed erbe in infusione che ha usato per arricchire il suo bagaglio gustativo. Tra l’altro parlerà, in un laboratorio al prossimo Salone del Gusto di Slow Food, di alcune resine fossili, in particolare di una dolomitica che ha una particolare nota balsamica.

Abbiamo parlato con lui di tre birre, di quelle che ritiene originali ed innovative.

La Nora nella quale ha sostituito il luppolo con una resina di pianta etiope, la mirra che unisce ad una nota balsamica pronunciata un sentore di incenso che la bilancia.

birra-Teo-Musso-elixirLa Elixir, una birra dalla secchezza inusitata , parliamo del 97% di zuccheri trasformati in alcol, quando in una lager industriale, in genere ben secca, tale percentuale arriva all’82%. I lieviti usati erano originariamente impiegati per il whisky. In questa birra molto poco luppolata, l’equilibrio che si raggiunge è particolare, quasi un dolce/secco in luogo del tradizionale dolce/amaro, perché la sensazione dolce iniziale è appena percettibile e chiude subito lasciando spazio ad una notevole secchezza

La Xyauyu, dove utilizza un concetto, quello dell’ossidazione, che è in apparenza antitetico al mondo della birra, soprattutto quella industriale, che vede nell’ossigeno un notevole nemico soprattutto per la shelf life. L’ossidazione è una tecnica, mutuata dal mondo del vino, che permette di superare lo stretto ancoraggio alla materia prima. Chi direbbe che la Xyaoyu viene da un cereale, con tutte quelle sensazioni che afferiscono al mondo degli Jerez, Porto e Solera? Contrariamente a quanto si crede, per bilanciare questa esplosione di zuccheri, 14 gradi plato residui, 140 g/litro di zuccheri, e con bassa acidità, il luppolo aggiunto non è trascurabile, circa 25-30 IBU.

Conosco Teo dal 2001 e sono sempre molto colpito dalla sua capacità di andare all’essenza del prodotto birra e di tracciare con poche e semplici parole, concetti di grande capacità innovativa e originalità. Si può dissentire dalle sue idee, consci però che nascono da studio e sperimentazione che le rendono molto longeve. Come quella di pubblicare la ricetta della Open come fosse un software aperto. Birra 2.0

Baladin. Piazza 5 Luglio 1944, 15. 12060 Piozzo (Cuneo). Tel: + 39 0173.778013

Foto: beerfordummies, Jessica Stewart, Istituto Alberghiero Trastevere